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Ultranovantenne in carcere a Benevento

31/8/2015

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I grandi processi. Ingiustizia è fatta

di Pierluigi Vergineo
Antonio Varricchio è un vecchio ultranovantenne di San Leucio del Sannio. Nel 2000, a 78 anni, fu coinvolto nel “processo Diamante”. Diamante nel 2000 era una bambina della scuola elementare.  
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Seguita da specialisti di Benevento per sindrome disadattiva e crisi "pitiatiche" (isteriche) la minore aveva accentuato i suoi tratti di mitomania. Nonostante l’attenzione dei servizi sociali (viveva in una famiglia poverissima) inizia a raccontare di abusi sessuali. All’inizio indica come violentatori i genitori (padre disoccupato e madre dedita all’assistenza agli anziani ed alle pulizie delle scale). Poi, vista l’attenzione che suscitava negli inquirenti, in un crescendo di fantasie sessuali descrive orge bestiali, festini a luci rosse, cunnilingus, bondage, fellatio, brutismo, etc. Diamante, avendo visto, non sappiamo come, un film porno, raccontava che i genitori (due contadini semianalfabeti, segnati dalle deprivazioni materiali e culturali) usavano maschere in pelle, reggiseno con catene, perizoma, stivali con tacco 12. La procura per sei mesi svolge intercettazioni ambientali che dimostrano semplicemente il degrado di persone indigenti e ignoranti. Le uniche espressioni colloquiali registrate, sul fondo di una televisione sempre accesa, erano “bestemmie”. Il povero padre di Diamante, per le difficili condizioni esistenziali, bestemmiava dalla mattina alla sera. Nonostante nulla emerga dalle indagini, la bambina incrementa le “fantasie”. Le orge vedono coinvolti in un crescendo inarrestabile pubblici amministratori, sacerdoti, maghi, medici, avvocati, compagne di scuola,  cugine (a verbale risulta  anche la presenza di un pitone).
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Sentendosi una porno-star, e con entusiasmo, si fa interrogare dalle psicologhe che arrivano a chiedere l’arresto per tutte le persone indicate. Le cuginette vengono sottratte ai genitori dal Tribunale dei minori per alcuni mesi e Diamante viene adottata da una famiglia che rimane ignota ai congiunti. Vengono rinviati a giudizio i genitori, un anziano medico ed il vecchio Antonio Varricchio. Nel 2006 si svolge un processo durissimo che vede lo scrivente coinvolto come consulente della madre. Determinante sarà la visita ginecologica che l’ottima difesa  (avv.to Ferdinando Facchiano) chiede con forza e ottiene. La “porno-star” era (sei anni dopo l’indagine) illibata. La corte presieduta dal dott. Carlo Melito assolve tutti gli imputati. Dopo molti anni, nel 2013, la Corte di appello di Napoli ribalta la sentenza e condanna tutti gli imputati. Mentre i genitori ricorrono in Cassazione, il vecchio Varricchio, ormai novantenne rinuncia alla difesa. Il 23 giugno 2015 il vecchio contadino di San Leucio del Sannio viene arrestato dalla squadra mobile su ordine della Procura generale Partenopea. Scrive Enzo Spiezia su Otto pagine: “Quella mattina il pensionato si era trovato in casa i poliziotti. Credeva di essersi messo definitivamente alle spalle quel brutto capitolo della sua avventurosa esistenza, trascorsa lavorando in mezza Europa. Non era così, purtroppo per lui. Comprensibilmente meravigliato, era rimasto di stucco quando gli avevano spiegato come la condanna a suo carico fosse diventata nel frattempo definitiva. Passata in giudicato, dopo il mancato ricorso in Cassazione contro la sentenza con la quale nel gennaio 2013 la Corte di Appello, ribaltando completamente il verdetto del Tribunale sannita (novembre 2006), che lo aveva assolto perchè il fatto non sussiste, gli aveva inflitto, appunto, otto anni. Identico il destino riservato in quella occasione anche ad altri tre imputati: nove anni per i genitori della piccola di sette anni che sarebbe stata abusata, otto per l'altro. Sulle loro posizioni la Suprema Corte si esprimerà però ad ottobre." 

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Antonio Varricchio avendo oltrepassato da un pezzo i 75 anni (età oltre la quale non dovrebbe essere possibile la detenzione), essendo affetto da gravissime patologie (sfacelo senile) chiede immediatamente gli arresti domiciliari. Ripete a tutti che non vuole morire in carcere. 
L’8 agosto 2015 il Giudice di sorveglianza, sulla base di una breve relazione del servizio sanitario del carcere, respinge l’istanza di arresti domiciliari. Premesso che auguro ai colleghi medici della Casa Circondariale di Benevento lo stesso rigore e intransigenza quando capiterà a loro una disavventura giudiziaria, preciso che la Costituzione Italiana, la Giurisprudenza della Cassazione, il Trattato di Lisbona (al quale l’Italia ha solennemente aderito), la Carta dei diritti umani impongono misure alternative alla detenzione in carcere. La Giornalista Annalisa Chirico in un bellissimo libro (Condannati preventivi – le manette facili di uno Stato fuorilegge) ha denunciato che la crisi del sistema giudiziario e carcerario italiano produce mediamente un centinaio di decessi annui (equamente suddivisi tra exitus per causa naturale e suicidi). Quest’anno nel carcere di regina Coeli in tre notti consecutive lo stesso agente di Pol Pen, ha tirato giù, tre impiccati. La detenzione per alcuni è una condanna a morte per l’eccessiva lunghezza dei processi (1.139 sentenze di condanna della Corte Europea di Strasburgo) e per la mancanza di equo processo (oltre 300 condanne allo Stato Italiano). In Italia dopo 15 anni un contadino, che per tantissimi anni ha lavorato onestamente all’estero, è arrestato a 92 anni.

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Il detenuto Antonio Varricchio a breve morirà presso la casa circondariale di Benevento. Ingiustizia è fatta.
Attualmente il detenuto è ricoverato in stato di arresto presso l'A.O. Rummo di Benevento per frattura del femore. La vita media stimata in questi casi è circa 6 mesi. A dicembre la prossima udienza del giudice di sorveglianza per una pena alternativa.

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