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Rete Sociale: “NO salute mentale a porte chiuse!”

16/2/2016

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La verità sugli oscuri suicidi non è solo “roba da psichiatri”

Il senso della campagna di informazione “NO Salute mentale a porte chiuse!” illustrato stamane nel corso di una conferenza stampa, può essere spiegato riprendendo alcune frasi del libro “… E tu slegalo subito: sulla contenzione in psichiatria” che verrà presentato giovedì 18 alle ore 16 nella Biblioteca provinciale: dove saranno presenti oltre all’autrice e psichiatra Giovanna del Giudice, anche l’avvocato Maria Teresa Vallefuoco presidente dell’associazione “Giuristi Democratici” di Benevento e Don Nicola De Blasio, direttore della Caritas diocesana di Benevento. 
Scrive, dunque, la Del Giudice nella prefazione: che come spesso succede per l’attuazione delle grandi riforme, i cambiamenti importanti sono a volte conseguenza di un incidente.
La grande riforma cui la Del Giudice ha partecipato è la legge 180 per la chiusura dei manicomi: nel ’71, infatti, da Lecce è andata a Trieste a lavorare con Franco Basaglia, rimanendo per 30 anni nella Salute Mentale triestina durante i quali è diventata un punto di riferimento non solo per la psichiatria italiana. Quanto all’“incidente”, invece, si tratta della morte di Giuseppe Casu nel Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) di Cagliari, dopo 7 giorni e 7 notti passati legato ad un letto di contenzione: episodio accaduto subito dopo la nomina della Del Giudice a Direttore del distretto socio sanitario di Cagliari per attivare il Dipartimento di Salute Mentale: “Un incidente che, diversamente da quanto avviene spesso in psichiatria - dove non tutti gli incidenti vengono riconosciuti e resi noti, dove tante lesioni gravi e morti vengono taciute e non considerate come conseguenza di un malfunzionamento del servizio sanitario - a Cagliari non è stato negato dalla cittadinanza. Perché  anche l’intera classe medica, le istituzioni locali e regionali sono entrate nel dibattito e si sono schierate. La città, coinvolta attraverso i media, si è interrogata sulla qualità di cure e trattamenti offerti ai cittadini cagliaritani, sulla caduta di attenzione per la loro salute e i loro diritti.. scatenando, così il cambiamento e diventando motore  di una riflessione critica collettiva…”
Ebbene la Morte di Paolo Pettorossi, entrato tranquillo nel SPDC di Benevento per rimanervi un paio di giorni, ma uscito un mese dopo volando da una finestra del reparto di Infettivologia, è uno di questi “incidenti”. Come affrontarlo? Noi attraverso la campagna informativa “NO Salute mentale a porte chiuse!” vorremmo trattarlo come accadde a Cagliari dove, anche grazie a Giovanna, il cambiamento è stato possibile solo perché “si è riconosciuto che “la questione Casu” non apparteneva solo agli psichiatri, non si risolveva negli specialismi, in recinti chiusi e inaccessibili… si è capito che informare, denunciare violenze e abusi, offre ai cittadini una possibilità di partecipazione e di trasformazione; che grazie alle associazioni di familiari e cittadini che hanno chiesto verità e giustizia…  si è prodotta alla fine una sorta di comunità… che ha portato al cambiamento…” . 
Da allora a Cagliari la qualità dei servizi di Salute Mentale è migliorata proporzionalmente alla scomparsa di porte chiuse e contenzione. Anche qui abbiamo provato con il vertice del Dipartimento di Salute Mentale ad aprire un confronto costruttivo sulle inadeguatezze del servizio pubblico: ma è stato impossibile. Neanche diffide, ricorsi alla magistratura e alla Commissione Trasparenza sono riusciti a stanare la vecchia psichiatria autoreferenziale asserragliata nel suo recinto chiuso: nonostante la legge riconosca alle associazioni di familiari il DIRITTO di accedervi. Ecco perché l’“incidente” della morte di Paolo ci spinge oggi ad alzare il livello del dibattito e dell’informazione, cercando altri interlocutori per cercare di capire insieme alla cittadinanza come stanno i fatti. Perciò, il dibattito di giovedì prossimo – inserito nella campagna nazionale contro contenzionee  “porte chiuse”  in psichiatria che prende il nome dal libro della Del Giudice – sarà la prima occasione per capire insieme ad interlocutori competenti e disponibili, come l’“incidente” di Paolo sia potuto accadere: e se si poteva evitare.
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