"Voterò a favore del “No”. Dico no alle centinaia di petroliere che solcano i nostri mari, aumentando i rischi di inquinamento"

I cittadini devono sentirsi mobilitati e parte attiva della società per poter esprimere la propria opinione su una questione cruciale per il nostro Paese, quella riguardante l'approvvigionamento energetico.
E' possibile che negli anni scorsi si sia abusato dell'istituto referendario, ma questa volta il quesito cui dovremo rispondere è di vitale importanza per tutti. Andare alle urne è un obbligo civile: il perché lo ha spiegato benissimo il Presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, quando ha dichiarato che "Partecipare significa essere buoni cittadini, poi ognuno è libero di farlo nel modo in cui ritiene giusto". Noi viviamo in una democrazia e la democrazia si basa proprio sul valore che riconosce al pensiero e all'opinione di ciascun individuo.
Non è possibile poi, che il referendum venga invalidato per il mancato raggiungimento del quorum del 50% + 1 degli aventi diritto: uno sforzo logistico e, soprattutto, finanziario di grande portata. Lo Stato infatti spenderà circa 300 milioni di Euro per garantire a noi tutti di votare: non è pensabile che questi soldi siano stati letteralmente buttati al vento. Bastava accorpare questo referendum alle prossime amministrative di giugno per evitare sprechi.
Ha proseguito: "Mi dichiaro e voterò nell’urna a favore del “No”; dico no alle centinaia di petroliere che solcano i nostri mari, aumentando i rischi di inquinamento da idrocarburi; dico no alla chiusura di aziende del settore che andranno a cercare lavoro altrove; dico no alle importazioni dall’estero, in un momento di particolare incertezza economica.
Anche il Ministro dell'Ambiente Galletti voterà “No”, a dimostrazione che non c'è alcun pericolo di contaminazione per il nostro territorio, a seguito di queste operazioni di ricerca di idrocarburi in mare.
Non c'è disciplina di partito in questa vicenda del quesito referendario: è evidente infatti che mai come su questo tema debba porsi innanzitutto il problema della libertà di coscienza. Noi dunque - ha detto - dobbiamo andare al voto e votare NO perché sono in ballo molti posti di lavoro, perché non possiamo consentire che dobbiamo continuare a richiedere di usare il petrolio e i suoi derivati per muoverci, ma che queste estrazioni siano fatte solo sul suolo altrui.
Non ci sono legami diretti tra l’inquinamento in mare e le trivellazioni: basti pensare che, ad esempio, in diverse aree dell’Adriatico, tipo Pescara, è attiva un’ordinanza di divieto di balneazione, pur non essendoci alcuna piattaforma petrolifera. Ciò vuol dire - ha concluso Francesca - che in questi casi bisogna investire maggiormente sulle depurazioni ed efficientare i controlli sugli scarichi abusivi in mare.
Nessuna preclusione per il turismo, basso rischio di incidenti e molti controlli per le piattaforme petrolifere presenti in Italia.”