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Carmine Nardone, presidente di Futuridea, scrive a Renzi

22/6/2016

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Lettera sul tema delle povertà globali e locali

Gentile presidente Renzi,
Mi permetto di sottoporre alla Sua attenzione alcune considerazioni ed avanzare una proposta in merito alla drammatica realtà delle povertà globali e locali (vedi Giornata Mondiale dei Rifugiati).
Secondo il rapporto dell'UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) sono "oltre 65 milioni le persone in fuga" da guerre e povertà, quasi 6 milioni in più rispetto al 2014. È il più alto numero dal secondo dopoguerra. Contemporaneamente le disuguaglianze crescono al punto tale che un ristretto numero di ricchi del mondo possiedono da soli, secondo recenti stime, una ricchezza pari a quella della metà della popolazione più povera della Terra.
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Dopo la crisi che ha investito l’economia globale dal 2007, molti studiosi (filosofi, economisti, sociologi, ecc.) si sono posti l’interrogativo se la natura di questa crisi sia di carattere congiunturale o strutturale. 
Probabilmente le differenze con la crisi del 1929 sono notevoli e oltrepassano i confini congiunturali per investire, almeno parzialmente, quelli strutturali di alcuni settori delle economie di mercato.
Dopo il 1929, soprattutto grazie a John Maynard Keynes, venne individuato un ruolo degli Stati in grado di correggere la tendenza perversa dell’accumulazione propria del capitale. Dopo quella crisi è certamente vero che il capitalismo ha garantito un periodo di crescita e di benessere. Il punto particolare della crisi attuale è che non è scontato che essa possa rappresentare una premessa per un nuovo ciclo di benessere per tre ragioni principali:
a) il ciclo post crisi del ’29 si basava, non solo sui ruoli equilibratori degli Stati, ma anche su un posticipo dei danni, ovvero benessere immediato e ricadute devastanti sulle future generazioni;
b) questo lungo periodo ha prodotto effetti strutturali sugli equilibri sociali e ambientali, con la distruzione irreversibile di risorse non riproducibili (patrimonio terra, genetica, ecc.); 
c) la contraddizione strutturale del sistema capitalistico nel processo di sostituzione della forza lavoro con le macchine. Il lavoro per produrre le macchine e la tecnologia è sempre meno a quello eliminato dalle macchine prodotte. Stati indebitati non riescono a garantire forme decenti di welfare ai lavoratori espulsi che emarginati dal processo produttivo diventano talmente poveri da non alimentare più i mercati nemmeno per il cibo
Di fronte ad evidenti scricchiolii strutturali del sistema globale è preoccupante il vuoto. Venuta meno l’alternativa delle economie pianificate (fallite o assoggettate al modello unico del capitalismo, vedi Cina) e il contemporaneo indebolimento del modello correttivo del riformismo keynesiano (indebitamento pubblico mondiale gigantesco), questa condizione ha determinato un vuoto di alternative culturali e politiche alle contraddizioni del capitalismo e delle società attuali.
Senza nessuna pretesa di avere soluzioni alternative si può solo assumere la consapevolezza ed urgenza di ricercarla, che è già molto, ed assumere inoltre la sostenibilità e la lotta alle povertà come orientamento riformista urgente e profondo, post-keynesiano, come esigenza primaria dell’umanità.
Per quanto concerne la povertà, l’unica strada è quella di imporre la soluzione a chi produce povertà. Come? Forse con una proposta universale da imporre a tutte le imprese di un prelievo di scopo obbligatorio di contrasto alla povertà. I poveri abbandonati a se stessi “ non consumano” e non creano mercato. Il contrasto attraverso la fiscalità generale dei singoli Paesi è reso impossibile dai debiti pubblici accumulati e dalle destinazioni spesso obbligate dei bilanci pubblici.
Ridistribuire la ricchezza. Il capitalismo ha prodotto disuguaglianze e a esso bisogna imporre il riequilibrio. I poveri non possono aspettare. Imporre innanzitutto in EU e nel Mondo un prelievo obbligatorio alle imprese differenziato (molto forte alle multinazionali) per alimentare un Fondo da destinare esclusivamente alla lotta alle povertà. I fondi nazionali e internazionali potrebbero essere anche integrati da sostegni pubblici ove le condizioni lo permettono, attraverso una drastica riduzione degli sprechi.
Inizialmente si potrebbe istituire anche sperimentalmente con contribuzioni volontarie da parte delle aziende magari in cambio di un marchio di “azienda solidale”.
La ringrazio per l’attenzione e con la speranza che il tema della povertà possa ridiventare prioritario e centrale in una sinistra moderna post-keynesiana, Le auguro buon lavoro nell’interesse del nostro Paese.
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