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La scienza davanti a Dio

10/11/2018

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Di Mons. Pasquale Maria Mainolfi
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Negli ultimi anni ho invitato per tre volte a Benevento il mio carissimo amico Antonino Zichichi (1996, 2002, 2013) dove ha tenuto altrettante lectiones Magistrales sul tema dei rapporti tra scienza e fede.
Lo scopritore dell'universo sub-nucleare, noto al grande pubblico per la grande capacità di rendere comprensibile l'essenza delle grandi scoperte scientifiche, affronta di sovente un problema cruciale, quello dei rapporti tra scienza e fede, non più considerati come irriducibili avversari bensì come alleati alla ricerca di uno stesso obiettivo, anche se in ambiti diversi: la Verità!
​Zichichi parte proprio dallo scienziato seicentesco per abbattere uno dei miti della propaganda anticlericale e antireligiosa: Galileo fu sostanzialmente un uomo di fede, importante non soltanto per i risultati scientifici ottenuti, bensì per la volontà di cercare nel creato una “logica”, una razionalità che non può certo nascere dal caos, ma deve avere alla propria base una mente razionale superiore. E questa mente non può essere che Dio. Sostenere che tutto ciò che esiste è retto da leggi fondamentali, immutabili e universali era il principale intento di Galileo, che rifiutava la teoria di Keplero sulle orbite ellittiche, perché riteneva che la perfezione del disegno divino si potesse esprimere solo in cerchi perfetti e non deformati. 

Scrive Zichichi: «L'antitesi scienza-fede e la più grande mistificazione di tutti i tempi. La scienza studia l'immanente, le cose che si toccano. Come ha già detto Galilei, 1'immanente non entrerà mai in conflitto con il trascendente che appartiene alla fede. Mondo materiale e mondo spirituale hanno la stessa origine dal Creatore».
Sant'Agostino afferma che: «Dio è più intimo di quanto noi lo siamo a noi stessi». Ecco la ragione per cui avvertiamo un certo pudore nel parlare di Lui. Chi ama canta! Dinanzi al mistero di Dio si può soltanto intonare un canto per dire l'indicibile. Dopo il canto c'è solo il silenzio. Il vero credente, carico di stupore, contempla, ringrazia e trasforma la sua fede in opere di giustizia. Non parla di Dio, ma si fa testimone, traendo da Lui la forza di amare questa umanità assetata di luce. Come fece Dag Hammarskjöld Segretario Generale delle Nazioni Unite: per non presentarsi come uomo di parte, non parlò mai di Dio e della sua immensa religiosità, ma ad un amico lasciò il suo diario dal quale emerge il mistico, sulle orme di San Francesco di Assisi, San Giovanni della Croce, Santa Teresa d'Avila. Ancora più potente la delicata discrezione di Albert Einstein che, mentre sta parlando della luce, fa un sublime inciso: «La luce... ombra di Dio». Paolo II, nell'Enciclica “Fides et ratio” afferma che Dio non manda in pensione l'intelligenza dell'uomo. Fede e ragione possono essere complementari: quasi essere un genio e amare il Creatore. La fede nel Dio rivelato da Gesù Cristo, il Verbo incarnato, è lo strumento che consente, legittima e obbliga ad approfondire la ricerca scientifica. Infatti è storicamente dimostrabile che la tradizione giudaico-cristiana, insieme a quella greca, ha consentito lo sviluppo della ricerca scientifica.
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La vicenda di Galileo è stata un drammatico errore della Chiesa di quel tempo. Errore che ha spinto il mondo ecclesiastico a temere le scoperte di Galileo, esattamente come le temevano gli altri scienziati del tempo, che vedevano crollare tutte le loro convinzioni e il loro lavoro. Solo nella cultura giudaico-cristiana è potuta fiorire la ricerca scientifica. Tutto dipende dall'idea che si ha di Dio. In ogni tempo sono le teologie che plasmano le antropologie (libero o determinato, fine o mezzo...). a seconda dell'immagine che si ha di Dio e dell'uomo si realizzano le sociologie cioè i modi di organizzare la società. Altre nobili tradizioni culturali e religiose, come Induismo o Buddhismo, non hanno sviluppato alcuna ricerca scientifica. Perché cercavano altro. La riprova sta nella storia dell'Islam, dove l'ultima difesa dell'importanza della ragione e della libera ricerca scientifica fu quella di Averroè, la cui scuola di pensiero venne purtroppo sconfitta, e dal 1300 le università del mondo islamico hanno scelto strade diverse, fino a giustificare la violenza. La novità del Cristianesimo ha invece consentito all'uomo di realizzare la pienezza della sua umanità. Il Dio rivelato da Gesù Cristo è “Logos”, “Verbum”, Pensiero e Parola creativa che solo per amore si è incarnato. Dai Vangeli discende l'idea di un uomo come “persona”, inviolabile perché dotato della dignità di figlio di Dio. Nell'annuncio cristiano troviamo l'idea di libertà (il “karma” buddhista propone una concezione ineluttabilmente deterministica). L'idea di storia e progresso nasce con i Vangeli, in altre tradizioni corre l'idea di eterno ritorno ciclico. Il Dio del cristiano è Pensiero creatore, che ha donato all'uomo la ragione e il diritto di usarla fino in fondo. Anche l'illuminismo è sbocciato dalla cultura cristiana con gli ideali di “Libertè-egalitè-fraternitè” che discendono da Gesù Cristo. Dal Cristianesimo discende un tratto fondamentale della modernità: il principio di distinzione tra fede e politica. 
Gesù afferma: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio a Dio» (Mc 12,17). Una vera rivoluzione, libera da ogni fondamentalismo e terrorismo islamista. La civiltà occidentale è cresciuta su questo fertile terreno, sviluppando scienza e tecnica. Molti scienziati, riconosciuti come geni, credono in Dio, pregavano e non riscontravano discordanze insuperabili tra la loro professione di fede e la loro ragione che utilizzavano al massimo livello. I più grandi filosofi credevano in Dio: Pascal, Vico, Cartesio, Bergson erano cattolici. Kierkegaard e Soloviev erano credenti. Anche Kant credeva in Dio. Dalla filosofia alla scienza: Copernico era un religiosissimo canonico; Newton passava dagli studi sulla gravitazione universale alle pratiche di religione e carità, talvolta saltava qualche pasto ma mai la preghiera; credeva in Dio il fisico Ampère e così Pasteur, fondatore della microbiologia e della immunologia; profondamente religioso era Mendel, scopritore delle leggi che regolano l'ereditarietà dei caratteri. Il Nobel Rubbia, scienziato straordinario e credente in Dio, ha dichiarato: «Noi fisici arriviamo a Dio percorrendo la strada della ragione, altri seguono la strada dell'irrazionale». Identici ragionamenti si possono fare passando dai geni della scienza a quelli della letteratura e poesia: Dante, Petrarca, Shakespeare, Dostoevskij, Manzoni, Grazia Deledda, Paul Claudel, Bernanos, Mauriac, Julien Green, Talkien, Pèguy, Chesterton, Elliot, il russo Solženicyn... Questi giganti del pensiero si ergono ad emblema della compatibilità tra Fede e Ragione. Una piccola scienza allontana da Dio ma una grande scienza conduce a Dio. Intendo presentare nei prossimi articoli i profili dei più grandi scienziati del nostro tempo che hanno sottomesso la loro intelligenza a Dio. Per usare un'immagine manzoniana, non hanno temuto di piegarsi «al disonor del Golgota», hanno fatto della Croce la possibilità di convertire il dolore in uno stimolo a superare i limiti della ragione, hanno creduto alla «Verità antica e sempre nuova» nobilitando e arricchendo le forti e affascinanti radici cristiane dell'Europa.

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