Madre Teresa di Calcutta ripeteva sovente che “la malattia mortale che oggi affligge soprattutto l'Europa è l'indifferenza”. Tanti infatti ripetono pappagallescamente: chi me lo fa fare?... mi faccio i fatti miei, non mi impiccio, non voglio fastidi, abdicando così, in famiglia, a scuola e nella Chiesa, alla propria responsabilità educativa e individuando in quelli che hanno idee chiare, grandi progetti e tanto coraggio, persone pericolose e difficilmente gestibili! C'è infatti una prudenza per avanzare con saggezza ed equilibrio per non finire in un fosso e una prudenza per marcire senza osare e senza correre pericoli, immergendo tutti un una omeostasi di morte che genera una relativa stabilità satura di ipocrisia. Questa prudenza inoperosa e asfittica è gemella di una certa fastidiosa diplomazia. San Giovanni Crisostomo scrive: «Se non ti prende l'ira quando è necessario, pecchi!». E lo scrittore italiano Domenico Giuliotti: «L'odio è la caratteristica dei nani; la collera è la caratteristica dei giganti». Il filantropo francese Abbè Pierre, afferma: «C'è una rabbia santa e noi l'abbiamo lasciata cadere troppo». Vita, verità, Vangelo, Comandamenti, dignità della persona umana, giustizia, vengono calpestati mille volte al giorno e noi taciamo! Non sempre la rabbia è un peccato. Vi è una rabbia che la Bibbia approva ed è definita “giusta e sana indignazione”. Dio stesso si indigna ed anche ai credenti e agli onesti è ordinato di indignarsi dinanzi alle ingiustizie (Efesini 4,26).
Occorre passione per risolvere i problemi. Anche Gesù “fece una frusta di cordicelle e scacciò fuori dal tempio i mercanti che lo profanavano, perché divorato dallo zelo per la Casa del Signore” (Marco 11, 11-25).