IV Domenica di Pasqua |
Anche nella Bibbia troviamo spesso presente il tema del pastore, associato a coloro che sono a capo del popolo di Israele.
Attraverso la voce dei profeti, Dio si rivela come il vero, autentico Pastore di Israele. Come Colui che guida il suo popolo nei tempi difficili della sua storia, specialmente quando il popolo è oppresso dalle cattive guide, dai cattivi governanti e pastori.
Sono i profeti Geremia (Ger 23), e soprattutto Ezechiele (Ez 34), a ricorrere spesso all'immagine del Pastore, non cessando di inveire contro i falsi pastori di Israele, i capi del popolo, che sfruttano a loro profitto il gregge di Dio.

Nella pienezza dei tempi, Gesù Cristo, il Figlio di Dio rivelato, realizza, finalmente, le antiche profezie che preannunciavano che Dio stesso avrebbe guidato, come un vero Pastore, il suo Popolo verso la salvezza.
E se nei Vangeli Sinottici, posti per iscritto da Marco, Matteo e Luca, vi è una sola allusione alla figura del Buon Pastore (Cfr. Mc 6,34), nel brano evangelico di Giovanni, che ci interessa in questa domenica, Gesù si presenta in prima persona come il Buon Pastore, come vero Pastore di Israele, dando al Suo Popolo la suprema prova dell'Amore che si Dona immolandosi totalmente per la Salvezza dell’umanità intera. Così Egli salva il suo popolo “in virtù del sangue di un'alleanza eterna”, come afferma l’autore anonimo della lettera agli Ebrei (Eb 13,20).
Veniamo alla riflessione sul testo evangelico di Giovanni.
La parabola detta da Gesù, inizia con tre parole: la porta, il pastore e le pecore. La porta delle pecore ha una particolare evidenza fin dalla prima frase di Gesù, che si identifica due volte con essa. La porta definisce il pastore autentico per queste tre ragioni: il vero pastore entra per la porta del recinto, si avvicina alle pecore chiamandole per nome, e quando ha fatto uscire tutte le pecore, si pone innanzi a loro, precedendole, ed esse lo seguono lungo i sentieri che portano ai pascoli.

Il contrasto tra il ladro operante nella notte e il pastore operante al mattino appare ancora più evidente nel tema delle tenebre e della luce, tanto caro all’evangelista. Non nel buio della notte, quando è l’ora del ladro e del mercenario, ma alla luce del giorno, giunge il vero Pastore, e le pecore lo seguono fedelmente, attirate dal suo richiamo particolare che lo distingue dagli altri pastori.
Addirittura il pastore, che conosce le sue pecore, le chiama per nome, ad una ad una. Ma l’iperbole è possibile solo nell’applicazione del Popolo di Dio, al quale fa riferimento Gesù, che ci conosce uno per uno.
C'è un filo invisibile, un’interazione, cioè uno scambio di attenzioni, tra le pecore ed il loro Pastore. Così come è ancora più profondo il legame che fa sentire ad ogni cristiano il “richiamo del Pastore”, ovvero il desiderio nostalgico di Gesù: l’aspirazione struggente di sentirlo presente e vivo nella sua vita. Un sentimento che le anime mistiche hanno saputo intimamente dilatare fino a farne lo scopo primario della propria vita, il vagheggiamento totale del loro amore. Scrivendo dalla sua Pietrelcina, a Padre Agostino da san Marco in Lamis, così esprime, Padre Pio, il dolce sentimento di abbandono tra le braccia di Gesù: “Di me che debbo dirvi? Una lotta continua deve l’anima mia sostenere. Non vi veggo altro scampo che abbandonarmi tra le braccia di Gesù, sulle quali bene spesso Gesù permette che mi addormenti. Beati sonni! Felice ristoro sono all’anima per le lotte sostenute” (PADRE PIO DA PIETRELCINA, Epistolario, I, Edizioni Padre Pio, San Giovanni Rotondo, 1992, 485).
Ognuno di noi sa che può fidarsi di Gesù. È lui il Pastore buono, l’unico Pastore che guida noi, che siamo il suo gregge ed il suo Popolo, per il giusto cammino. E a lui si riferisce la Scrittura Sacra, la Bibbia, quando recita nel salmo 23: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza” (Sal 23,1-4).