ASCENSIONE DEL SIGNORE |
Appare chiaro che l’evangelista intende iniziare gli Atti degli Apostoli con lo stesso tema col quale termina il Vangelo, e quindi considerando i suoi due libri come un’Opera sola. Matteo, invece, descrive l’ultima apparizione di Gesù ai discepoli, chiusura del suo Testo, situandola in quella amata Terra di Galilea che riveste un ruolo molto importante nel suo vangelo. È nella Galilea delle genti che Gesù ha proclamato il Suo inimitabile Messaggio di amore e di salvezza, ed è dalla stessa Galilea delle genti che la buona novella deve essere diffusa a tutti i popoli.

Il monte ci ricorda il Sinai. Quindi è il luogo della rivelazione di Dio, che dona la Torah, la Legge, ad Israele per mezzo di Mosè.
Su un rilievo poco lontano dalla riva occidentale del Mar di Galilea, Gesù ha donato il sermone della montagna, con la Legge del Cuore racchiusa nelle Beatitudini.
A chiusura del Vangelo di Matteo, Gesù dà appuntamento ai suoi discepoli su un monte di Galilea. Ma nulla ci impedisce di pensare che le sue ultime parole siano pronunciate proprio lì: sul colle delle beatitudini. Infatti, c’è un profondo legame tra questa apparizione di Gesù e quella di Dio sul monte Sinai.
A Mosè, salito sul monte, il Signore dice: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe» (Es 3,6).
Agli Undici, Gesù dice: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra» (Mt 28,18).
Dio affida l’incarico missionario a Mosè: “Ora và! Io ti mando dal faraone. Fà uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti!” (Es 3,10).
Gesù affida la missione universale agli Undici: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20).
Dulcis in fundo, Dio dice a Mosè: “Io sarò con te... “ (Es 3,12).
Gesù dice la stessa cosa agli Undici: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
Quel Gesù che appare per l’ultima volta agli apostoli sul monte di Galilea è lo stesso Dio che si è rivelato sul monte Sinai.

Alcuni autori attribuiscono questa formula all’evangelista Matteo, che l’avrebbe introdotta, nel suo Vangelo, per influsso dell’uso liturgico delle prime Comunità cristiane. E infatti, risulta difficile ammettere questa formula nell’ambito della comunità ebraica, che è monoteista. Ma la natura della formula è talmente straordinaria che difficilmente avrebbe potuto imporsi, nella comunità cristiana, se la sua origine non fosse da ricondurre alla personalità eccezionale di Gesù (José Miguel García, La vita di Gesù nel testo aramaico dei Vangeli, Biblioteca Universale Rizzoli, Quarta edizione 2005, 306).
Quindi l’annuncio Trinitario è di Gesù. Ma si comprende che esso va di pari passo con qualcos’altro che permetta allo Spirito di Dio di accogliere e far crescere il germe dell’Annuncio, in modo che la Vita di Dio si comunichi ad ogni umana creatura. E allora, insieme con la Buona Novella ci deve essere il Battesimo.
Col Battesimo inizia il contatto personale e profondo con Gesù; si fa esperienza diretta di Lui, stabilendo un rapporto vitale, come i tralci della vigna ricevono la vita dall’albero della Vite. È possibile riconoscere questo legame nelle stesse parole di Gesù, situate, alla fine del racconto evangelico: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
È la sua Promessa. Il suo essere Presente. Non una presenza esclusivamente spirituale. Egli è Presente in tutti coloro che sono stati battezzati nella Trinità. Egli è Presente in tutti i luoghi dove due o più persone sono unite nel suo nome: “Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). È lo stesso evangelista Matteo a ricordarcelo. Gesù è Presente dove la Chiesa lo Proclama e lo Invoca. Quindi, è presente nella liturgia e soprattutto nel memoriale della sua Cena: la Santa Messa. E qui la sua diviene una Presenza Sacramentale. La Sua Viva Presenza.
Ma a noi cristiani spetta la sfida più ardua: rendere credibile e visibile, con la nostra vita e con la forza dello Spirito Consolatore, il messaggio che Cristo ci ha lasciato. Per farlo la nostra deve essere una vita vissuta per Lui, con Lui ed in Lui. Perché solo Lui, Gesù, il Cristo, può veramente dare un Senso alla nostra esistenza.
E termino con quella espressione che esprime plasticamente la struggente nostalgia di Cristo e che chiude definitivamente la Divina rivelazione. È l’ultima parola della Bibbia cristiana: Maranatha!. Vieni Signore Gesù.