XII^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO |
Gesù indica, ai suoi apostoli, un futuro non segnato dalla gloria e dagli onori, ma contrassegnato, invece, dalla sofferenza e dalle ostilità conseguenti all’annuncio. Tuttavia, la sua Divina Presenza ed il suo conforto, non verranno mai meno, nel cammino duro e aspro che attende la Comunità apostolica.
“Non li temete dunque - dice Gesù - poiché non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato”. Queste parole che sembrano enigmatiche, si riferiscono all’annuncio del Regno dei Cieli. Un annuncio che va fatto integralmente, chiaramente, limpidamente, senza timore di andare incontro a incomprensioni ed ostilità. Gesù vuole che il Regno di Dio sia annunciato. Senza preamboli, senza sottili discussioni, senza compromessi con chi ascolta. Tutto deve essere rivelato.

“Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna”.
È chiaro l’invito di Gesù a non temere le inevitabili conseguenze dell’annuncio del Regno. Egli invita a temere piuttosto il nemico invisibile, quello che può far perire nella Geenna, che è l’immagine dell’inferno.
“Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri! Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”.
Il brano si chiude con una sentenza in forma di parallelismo antitetico, caratteristico del parlare di Gesù e che rimanda al quadro finale del Giudizio.
Per noi cristiani non rimane via di scelta. Se abbiamo scelto Cristo, dobbiamo sentirci in dovere di portare fino in fondo il suo messaggio. Anche a costo della nostra stessa vita.
In conclusione, da tutto l’insieme di questo brano possiamo cogliere un dato di fondo: il desiderio di Gesù che il discepolo sia totalmente coinvolto nella sua avventura umano-divina, sia nel bene che nella sofferenza.
Dal Vangelo appare evidente che gli apostoli e tutti i discepoli non hanno mai considerato Gesù solo come un Maestro; ma anche Signore con la esse maiuscola, cioè come padrone, dominatore, re che dispone totalmente di loro come dei servi. Ma essere al suo servizio implica ben altro che non essere dei semplici servi: vuol dire condividere il suo progetto di salvezza e lasciare che il proprio nome sia scritto a grandi lettere lassù nel cielo.
Ognuno di noi deve sentire questa grande dignità. E non solo: ognuno di noi deve guardare, come apostolo, come inviato di Dio – perché siamo tutti responsabili dell’annuncio del Regno – non solo alla dignità che comporta questa partecipazione all’annuncio, figlia del nostro battesimo e quindi del nostro essere Figli di Dio, ma anche all’aspetto profetico del nostro annuncio. Quindi, essere pronti anche all’effusione del sangue. Fino al martirio. E non c’è prova più alta e sublime di questa per esprimere il nostro amore al Dio Trinitario, rivelatoci attraverso il più bello tra i figli dell’uomo.