DOMENICA XXIX DEL TEMPO ORDINARIO |
Il fatto che fossero loro a riscuotere le tasse, per versare poi un tributo ai Romani, evitava ai Giudei di pagare tributi direttamente a Roma, cosa inammissibile per il loro animo di popolo teocratico, cioè appartenente dal Dio della rivelazione biblica. In questo senso, al tempo di Gesù, gli Erodiani nutrono un interesse nascosto, basato su motivi radical-teocratici (Cfr. Gerd Theissen, Annette Merz, Il Gesù storico, Ed. Queriniana, 1999. 184), nel favorire il rifiuto di pagare le tasse a Roma. Ecco perché sono appunto essi, insieme ai farisei, a voler provocare la risposta di Gesù per un ritorno alla riscossione delle tasse tramite l'amministrazione di Erode.
Anche i farisei sono contrari alla riscossione diretta delle tasse da parte di Roma, condividendo l’idea teocratica di Giuda il Galileo, il quale, qualche decennio prima, aveva visto nel versamento di imposte all'imperatore un'infrazione al primo comandamento: “Non avrai altro Dio fuor che me” (Cfr. Gerd Theissen, Annette Merz, Il Gesù storico, Ed. Queriniana, 1999. 292). Giuda il Galileo è considerato il fondatore della setta degli Zeloti e, negli anni 6 e 7 d.C., ha guidato due rivolte ebraiche contro l’impero romano. Proprio l’ultima rivolta, avvenuta nel 7 d.C., era stata provocata dal censimento che il governatore della Siria, Publio Sulpicio Quirinio, aveva organizzato per consentire l’esazione delle imposte in questo territorio. Ed è questo, quasi sicuramente, il censimento ricordato nel vangelo di Luca a proposito del viaggio a Betlemme di Giuseppe e Maria.

Dopo che gli hanno presentato un denaro, Gesù dice: “Di chi è questa immagine e l'iscrizione?”. Gli rispondono: “Di Cesare”. Allora Gesù dice loro: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.
Se ci avete fatto caso, avrete senza altro notato che ai suoi interlocutori che hanno chiesto se è giusto: “dare” il tributo a Cesare, Gesù ha risposto utilizzando il verbo rendere al posto del dare: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Quindi Gesù non ha detto: “Date a Cesare quel che è di Cesare”, ma “Rendete a Cesare, cioè restituite a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. È questo il senso della parola greca “apódote” riportata nel testo originale di Matteo. Il verbo greco, che tradotto in italiano significa “rendere” o “restituire”, può significare che essendo ogni autorità, anche quella imperiale, permessa da Dio, pagare le imposte vuol dire anche obbedire a Dio.
La conferma di questa interpretazione la troviamo sicuramente nell’epistola che alcuni anni dopo l’apostolo Paolo scriverà ai cristiani di Roma utilizzando lo stesso verbo “rendere”, ed affermando solennemente: “Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio” (Rm 13,1-2). “Per questo dunque dovete pagare i tributi, perché quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio. Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto il rispetto. Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge” (Rm 13,6-8).

Spesso nella nostra vita ci troviamo di fronte ad un bivio, un dubbio, una scelta da fare. Da una parte quel Bene che portiamo profondamente nel nostro cuore e che ci riallaccia a Gesù stesso, ricordandoci che in tutto quello che facciamo, abbiamo la coscienza che ci ricorda che “il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo” (Dt 6,4), e non ve ne sono altri, al di fuori di Lui. Dall’altra, l’etica personalizzata che è molto diffusa nel mondo di oggi, tendente al proprio bene ed interesse personale, che relativizza anche ciò che è inteso come Valore inalienabile della Civiltà cristiana e lo stesso Bene comune, rendendolo, invece, valore alienabile e bene alienabile, interpretabile e modificabile secondo i propri interessi personali.

La vita umana è messa in discussione imponendo addirittura leggi ingiuste come l’aborto, e l’eutanasia. Il matrimonio è ormai messo fortemente in discussione: quante coppie si uniscono consumando le loro unioni al di fuori della santità del sacramento. Si parla di unioni di fatto. “Basta volersi bene” dicono alcuni, nella loro ipocrita affermazione, ben sapendo che dopo è più facile separarsi, alla faccia dei figli che verranno e che dovranno soffrire profondamente per le divisioni dei propri cari. Per non parlare di persone dello stesso sesso che vivono insieme, ed addirittura chiedono un pari trattamento con le coppie naturali.
Di fronte a queste situazioni innaturali e contrarie alla Verità di Dio, non ci resta, come cristiani, che fare la nostra parte. No al divorzio! Dio mio, quante famiglie sfasciate da un uomo ed una donna che lasciano i rispettivi consorti per mettersi insieme. No all’aborto! Dio mio, quanti omicidi si commettono negli ospedali! No all’eutanasia che è la condanna a morte di un essere umano ritenuto inutile, perché, “ipocrisia di tutte le ipocrisie” gli si vuole risparmiare la sofferenza. No ad una politica legata all’utile, e al denaro. Sì a una nuova classe politica radicata nei valori etici e morali della nostra fede.
Scegliere sempre Dio prima di tutto, non vuol dire essere schiavi di principi morali e cristiani, ma essere liberi di scegliere sempre il Bene assoluto che è Dio, ed in forza di questa scelta fondamentale della nostra vita, noi saremo cittadini che sapranno amare ed onorare le stesse istituzioni che ci governano, anche, se a volte, compiono cose moralmente ingiuste..
Senza Dio non si va da nessuna parte. Con Dio ed il Suo Regno che cresce e si sviluppa dentro di noi, possiamo essere cellule vitali e feconde di una Società viva, cristiana, civile, fortemente ancorata ai valori inalienabili del Vangelo. Una Società nella quale le stesse istituzioni troveranno maggiore spazio per operare le scelte di quel Bene comune che tutti siamo chiamati a costruire.