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Il Vangelo di Domenica 19 marzo. A cura di Donato Calabrese

16/3/2017

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III  DOMENICA DI QUARESIMA
(Gv. 4, 5-42)

Giunse pertanto ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù:  «Dammi da bere». I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.
Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva».
Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?».  
Rispose Gesù:  «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna».  
«Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua».  
Le disse:  «Và a chiamare tuo marito e poi ritorna qui».  
Rispose la donna: «Non ho marito».  
Le disse Gesù:  «Hai detto bene "non ho marito"; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».  
Gli replicò la donna:  «Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».  
Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità».  
Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa».  
Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo».  
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: «Che desideri?», o: «Perché parli con lei?». La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». Uscirono allora dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia».  
Ma egli rispose:  «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?». Gesù disse loro:  «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro».  

Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava:  «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna:  «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
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È una stupenda pagina evangelica di Giovanni, quella della III Domenica di Quaresima, e inquadra un incontro casuale, ma profondamente significativo, perché contiene un dialogo di tale intensità teologica che, forse, in nessun spazio del vangelo di Giovanni, è possibile riscontrare. Quello tra Gesù di Nazareth e una donna della Samaria, la regione collinare situata tra la Galilea e la Giudea, è qualcosa di singolare, straordinario, sublime. Perché Lui è un ebreo; lei è una Samaritana. Lui è un leader rispettato; lei è una contadina di un villaggio, con quattro matrimoni alle spalle. Le barriere tra Gesù e la Samaritana attraversano quattro livelli: genere, nazionalità, razza e religione. Ma nel corso  del lungo dialogo, le barriere cadono tutte.  
È mezzogiorno, e Il sole  batte impietoso lungo la strada che dalla Giudea conduce al territorio rigoglioso della Galilea, passando per la Samaria.
Stanco del viaggio, Gesù si avvicina all'antico pozzo di Sicar, il pozzo dei patriarchi, per bere e ristorarsi. Di fronte a lui una donna della Samaria, forte di sé e della consapevolezza di possedere l’unico mezzo per attingere l’acqua dal pozzo profondo.
Un'impressione colpisce subito il lettore attento del racconto evangelico: la disponibilità di Gesù a dialogare con una donna, per di più giunta peccatrice, nonostante la sua grande arsura e la stanchezza del viaggio sotto un sole cocente. L'evangelista ha saputo ben rendere il tatto e la dolcezza del Maestro in questo brano. Il dialogo si intreccia  meraviglioso, fatto di una delicatezza di espressioni, di domande e risposte.
Dopo averle chiesto di dargli da bere, la donna risponde che “I Giudei non mantengono buone relazioni con i Samaritani”.
“Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti chiede da bere, l'avresti pregato tu ed egli ti avrebbe dato un'acqua viva”. 
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La donna, dapprima meravigliata, assume ora un atteggiamento spavaldo: “Come pretendi di dare da bere a me se non hai nemmeno con che attingere! Sei tu forse più del nostro padre Giacobbe che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?”.
“Chiunque beve di quest'acqua - dice Gesù - avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”.
L’acqua offerta da Gesù “placa ogni arsura e ogni bisogno del cuore umano, perché Lui ci offre la Verità, il Suo amore, la sua amicizia. Un amore non precario - come dice padre Raniero Cantalamessa - un amore non volubile, ma fedele; una felicità che sola può sorreggere e dare senso a ogni altra gioia legittima e il cui orizzonte non abbraccia l’angusto spazio della giovinezza, o della vita, ma si dilata fino alla vita eterna”.
“Signore, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua”, dice la Samaritana.
Poi, dopo che Gesù le ha detto: “Va a chiamare tuo marito”, risponde con sincerità: “Non ho marito”. “hai detto bene… Hai avuto, infatti, cinque mariti e quello che hai adesso non è tuo marito”, aggiunge il Maestro di Galilea.
Come potete notare, Gesù non mortifica la donna. Lei si è resa conto che la sua vita è un libro aperto davanti a lui, per cui comincia a pensare di trovarsi davanti a qualcuno di molto importante. “Signore, vedo che tu sei un profeta”, gli dice, interpellandolo su una questione che sta molto a cuore ai Samaritani: “I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare”.
In questa scena evangelica c’è qualcosa che appare paradossale: In un luogo pubblico, Gesù accetta il dialogo di una donna, e per di più su un tema elevato come lo spazio sacro dove Dio va adorato. La donna, infatti, gli dice che i samaritani adorano Dio sul monte Garizim, nel cuore della Samaria, in contrapposizione ai giudei che lo adorano sul monte del Tempio di Gerusalemme.
Un discorso di alto contenuto teologico, che contrasta, per molti aspetti, con il pensiero ebraico, come vedremo fra poco, visto che il relazionarsi di Gesù con la donna costituisce una rivoluzione per le regole comportamentali del suo tempo. Infatti, come afferma Marco Adinolfi, “Nel mondo ebraico la vita pubblica non è fatta per la donna” (Marco Adinolfi, Gesù e le donne, in Storia di Gesù, vol. 4, Ed. Rizzoli, 1984, 1157).

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Eppure, di fronte alla donna di Samaria, Gesù va ancora oltre, formulando un pensiero tra i più alti di tutto l’episodio evangelico: “Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità”.
Il Dio delle Galassie e dell’universo interno non può essere più onorato in un unico luogo sulla terra, come se fosse un essere limitato nello spazio. Dio è presente ovunque, e la vera adorazione non ha a che vedere con lo spazio esteriore, geografico, ma con lo spazio interiore, quello del cuore e dello spirito.
Adorare Dio in spirito e verità vuol dire, a mio parere, riconoscere la Presenza di Dio nello spazio sacro dove questa Presenza risiede in pienezza, ovvero nella Persona che la Samaritana ha davanti a sé. Quindi, il Luogo per eccellenza della Presenza di Dio è Gesù stesso (Cfr. Klaus Wengst, Il Vangelo di Giovanni, Ed. Queriniana, 2005, 180).  Lo Spirito non ci lega alle dimensioni limitate, seppur magnifiche del Tempio di Gerusalemme, ma all’immensità dello Spirito di Dio che riempie l’universo ed abita in Cristo Gesù. “Lo spazio in cui adorare Dio è, dunque, Gesù. Lui è il tempio: non è soltanto la strada che conduce al Padre, ma più profondamente il luogo, l’unico luogo, in cui il Padre si mostra a noi: «Chi ha visto me ha visto il Padre»(Gv 14,9)” (Bruno Maggioni, Un tesoro in vasi di coccio, Rivelazione di Dio e umanità della Chiesa, Vita e Pensiero, 2005,189).
La verità è riconoscere, attraverso i Segni e la Parola di Gesù, la Presenza di Dio stesso.
Nel seguito del racconto troviamo finalmente espresso quanto Gesù dice in riguardo a sé stesso. Alla donna che tronca improvvisamente le sue parole, dicendo: “So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa”, Gesù risponde: “Sono Io che ti parlo”.

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“Sono Io”, l’espressione greca 'Egè e„mi (Sono io) ci fa riandare alle parole “Io sono”, con le quali Dio ha rivelato sé stesso a Mosè. È la Persona Divina di Gesù, resa così esplicita da questo Vangelo di Giovanni, a trasparire attraverso tutte le sue pagine. Non c’è fossato tra questo Vangelo ed i vangeli di Marco, Matteo e Luca, che esprimono in maniera implicita e underground quanto Giovanni proclama apertamente nel Suo Vangelo.
Giungono, finalmente, suoi discepoli e restano meravigliati nel vedere Gesù che si intrattiene a parlare con una donna, peccatrice per giunta. Come già detto prima, per gli ebrei del tempo è vietato conversare per la strada con una donna. Gesù, invece, si è impegnato a sviluppare un lungo dialogo, di alto profilo religioso, con una donna, e per di più una donna che è Samaritana e ha avuto vari mariti, e quello attuale non è suo marito.
La donna, intanto, lascia la brocca e va in città, invitando la gente a conoscere il Maestro di Galilea e chiedendosi: “Che sia forse il Messia?”. 
Molti Samaritani credono, soprattutto perché essi stessi lo incontrano e lo ospitano per qualche giorno nel territorio della Samaria.
La conoscenza fa nascere l’amore. L’amore, d’altra parte, aumenta la conoscenza. “Voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti” (Os 6,6), ha detto il Signore, nei tempi antichi, per bocca del profeta Osea.  “Tanto più conosciamo Dio, quanto più l’amiamo”, scriverà, da parte sua, san Bernardo da Chiaravalle.
Non possiamo conoscere Gesù senza amarlo. Certo, la fede parte dalla conoscenza, ma si alimenta dell’amore ed all’amore. Cos’è allora questa sorgente di “acqua che zampilla per la vita eterna”, promessa da Gesù a quella donna che viveva lontano da Dio e che, forse, senza saperlo, aveva più sete di Lui?
È la sete dell’acqua viva che Gesù ci dona. È la Sua vita Divina: l’acqua che Lui ci dona e che diviene sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.
Si, Signore, noi vogliamo avere sete di te. Noi vogliamo bere la tua acqua fresca e zampillante per le nostre vite troppo inaridite da un mondo desertico che vuole fare a meno di te. Noi desideriamo bere di te per diventare Te, per essere con Te, nell’intimità del Tuo Amore, per amarti con il tuo stesso amore, per onorarti con la tua stessa vita, per ringraziarti con la tua stessa Eucaristia che è “Ringraziamento” al Padre.
Si, Gesù, con te non soffriremo né fame, né sete, e non saremo colpiti né dall’arsura, né dal sole, perché tu ci condurrai alle sorgenti di acqua (Cfr. Is 49,10). Tu  ci pascerai a bere la tua stessa acqua. Tu ce lo hai promesso, dicendo: “Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me, come dice la Scrittura: fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Gv 7,37-38
).

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