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Il Vangelo di Domenica 19 febbraio. A cura di Donato Calabrese

17/2/2017

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VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
(Matteo 5,38-48)

Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Dá  a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.
Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
Proseguiamo la nostra riflessione sul capitolo quinto del Vangelo secondo Matteo, la cui cornice geografica va sicuramente identificata nei dolci rilievi collinari situati a est del mar di Galilea. E non è difficile immaginare che lo sguardo di Gesù sia anzitutto rivolto alle placide acque del lago e ai colli che lo coronano, quando ha pronunciato le parole rivoluzionarie che hanno cominciato a cambiare il mondo dal di dentro.
Ma prima di prendere in esame le ineguagliabili Parole pronunciate dal Rabbi di Galilea, è opportuno fare una sottolineatura sui taluni versetti che cominciano con questa espressione: “Avete inteso che fu detto… ma io vi dico”.
È molto probabile, che tale formula introduttiva “sia il segno caratteristico del maestro che curò questa raccolta dell’insegnamento di Gesù, e forse dello stesso Matteo evangelista, poiché non appare in alcun altro luogo della tradizione di Gesù”, come pensa lo studioso inglese James D.G. Dunn, il quale ribadisce: “è ugualmente probabile che Gesù fosse ricordato per avere in qualche modo contrapposto talvolta il suo insegnamento alle regole in questione o per aver dato interpretazioni radicali di particolari passi delle Scritture, anche se il discorso originario non è stato formulato in questo modo stereotipato” (Cfr. James D.G. Dunn, Gli albori del cristianesimo, La memoria di Gesù, 2 La missione di Gesù, Ed. Paideia, 2006, 616 s.), cioè con linguaggio convenzionale, tipico,  meccanico.
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Ciò che conta è vedere le sei antitesi di questo testo di Matteo e di quelli immediatamente precedenti, nella giusta luce. Più di ogni altra cosa, le antitesi richiamano a un riorientamento dei rapporti umani e sociali più fondamentale di quello che poteva essere ottenuto o mantenuto dalla Torah, la legge di Dio” (Cfr. James D.G. Dunn, Gli albori del cristianesimo,La memoria di Gesù, 2 La missione di Gesù, Ed. Paideia, 2006, 617).
Insomma, come appare nelle due antitesi del vangelo, “Avete inteso che fu detto… ma io vi dico”, Gesù radicalizza, cioè acuisce  l’antica legge di Mosè, più che abrogarla. Non è contrario, quindi, alla Legge di Dio essere più rigorosi di quanto la stessa Legge richiede (Cfr. Sanders, Jesus, 260, in James D.G. Dunn, Gli albori del cristianesimo,La memoria di Gesù, 2 La missione di Gesù, Ed. Paideia, 2006, 617, nota 2).
Gesù  fa molto uso dei paradossi, cioè affermazioni che sembrano incredibili, assurde, per meglio imprimere nella memoria dei suoi ascoltatori il suo messaggio. Ma questo modo di parlare non è fine a sé stesso. In primo luogo, Lui vuole catalizzare fortemente l’attenzione dei suoi ascoltatori. In secondo luogo, questo suo parlare esprime, a mio parere, un insegnamento altissimo che supera infinitamente tutte le altre religioni e lascia cogliere, come una finestra leggermente socchiusa, tutta la luce della sua realtà Divina.
Partiamo dal primo versetto del brano evangelico di fronte al quale si resta stupiti per la sublimità del messaggio contenuto: “Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra”. 
Da questo, potete capire che le sue parole vanno ben oltre la legge del taglione, in uso nel mondo ebraico, ma anche oggi accettata nel nostro mondo. Quante volte per restituire il mal tolto ci giustifichiamo dicendo: “Occhio per occhio, dente per dente”?
In realtà questa regola, che è presente in alcuni libri dell’Antico Testamento, particolarmente in quello dell’Esodo (Es 21,24), del Levitico (Lv 24,20), e del Deuteronomio (Dt 19,21), venne istituita per evitare l’uso esagerato della vendetta, che portava, come sappiamo bene anche oggi, alle faide, cioè a procurare un danno maggiore rispetto a quello ricevuto.

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Ma Gesù va ben oltre questa regola prevista dalla Torah, facendo riferimento a ben altri sentimenti pure presenti nella Scrittura sacra. Nel libro dei Proverbi, infatti, è scritto: “Non dire: «Voglio ricambiare il male», confida nel Signore ed egli ti libererà” (Pr 20,22). Analogamente, nel libro del Siracide è scritto: “Chi si vendica avrà la vendetta dal Signore ed egli terrà sempre presenti i suoi peccati. Perdona l'offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati” (Sir 28,1-2).
Gesù non chiede niente di impossibile all’uomo. Egli sa che ciò che dice è Bene per tutti noi.
Non è umano, ma divino, il pensiero di Gesù; specialmente quando arriva a dire queste parole: “ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Dà  a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle”.
Nessuno prima di Lui si è spinto a tanto. È bene restare buoni, miti, comprensivi, dignitosi anche quando siamo derisi e maltrattati. Non opporci al malvagio che ci fa del male, e porgere l’altra guancia. Questo è salvare la nostra dignità. Per Cristo la dignità è un valore fondante per l’essere umano, che dobbiamo salvare ad ogni costo. Lui stesso ne ha fatto un costante atteggiamento di vita. E se a volte reagirà con veemenza, nel corso della Sua predicazione, tutto sarà per difendere la verità o gli oppressi, mai per difendere se stesso. Con eroica coerenza col suo insegnamento, Gesù subirà tutta la sua passione con estrema dignità, perfino l’umiliazione della croce, perdonando i suoi uccisori” (Cfr. Galileo Babbini, L’acqua dalla roccia, Omelie per l’anno liturgico A,  Raccolte e curate da Marcello Poli, Effatà Editrice, 2001, 284).
Seguitemi attentamente, ora, perché dalle parole di Gesù emerge l’acme di tutto il suo paradossale, mirabile, e Divino insegnamento: “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.

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Siamo nel cuore del sermone della montagna e di tutto il divino insegnamento di Gesù. Le sue, sono parole che rendono beati gli uomini che cercano di porsi in ascolto di Lui, accogliendolo, in tal modo, nel loro cuore. Sono Parole mirabili e altissime che appartengono proprio a Lui: Gesù di Nazareth, il Cristo, il Figlio di Dio rivelato. Parole così sublimi e inimitabili che colpiscono tutti, credenti e non credenti. Ecco perché uno studioso ebreo come David Flusser, ha riconosciuto che “il comandamento dell'amore dei nemici resta la proprietà esclusiva di Gesù” (Cfr. D. Flusser, Jesus, Lanterna, Genova 1976, p. 61, in Lea Sestieri, Ebraismo e cristianesimo, Percorsi di mutua comprensione, Paoline Editoriale Libri, Figlie di San Paolo, 2000,158). 
Chi agisce secondo questo insegnamento porta in sé l'immagine di Cristo e per questo è “figlio di Dio”. e può chiamare Dio stesso con il titolo sublime di Abbà, papà. Ed è tale figliolanza con il Padre Celeste, la motivazione addotta da Gesù, nel proporre il comandamento dell’amore per tutti, compresi i nemici e i persecutori. “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.
“Vivendo tale amore eroico - scrive il biblista Michele Mazzeo - si è traportati nella famiglia di Dio, si diventa figli del Padre celeste, il quale non restringe il suo interesse benevolo e non apre il suo cuore solo ai buoni e ai giusti, ma abbraccia tutti, anche i cattivi e gli ingiusti. Così il discepolo diventa figlio di Dio a somiglianza di Gesù (Mt 2,15; 3,17; 8,29; 14,33; 16,16). Qui è anche da ricordare come nella settima beatitudine gli operatori di pace sono proclamati figli di Dio (Mt 5,9)” (Michele Mazzeo, I vangeli sinottici, 
Introduzione e percorsi tematici, Paoline Editoriale Libri, Figlie di San Paolo, 2001).

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