DOMENICA DOPO LA SANTISSIMA TRINITÀ |
Tale profonda connessione è resa evidente dalla rassomiglianza tra i due episodi della sinagoga e della Cena, la cui autenticità non può essere messa in discussione, perché il suo stile “è così squisitamente giovanneo – come sostiene Joachim Jeremias – che non gliene si può negare la paternità”. Anzi, confrontando il versetto 51 con la prima epistola di Paolo ai cristiani di Corinto, non è difficile riscontrare una sorprendente analogia tra i due testi e, quindi, riconoscere come questo testo di Giovanni, contenga una tradizione eucaristica:
Gv 6,51: ho artos de hon egô dôsô hê sarx mou estin huper tês tou kosmou zôês. | 1Cor 11,24: Touto mou estin to sôma to huper humôn |

Gesù appare in questo testo come il donatore e, nello stesso tempo come il dono, spostandol’attenzione dei suoi ascoltatori dal pane quotidiano al pane della vita; dal cibo che perisce al cibo che alimenta e sostiene per la vita eterna; dai semplici elementi della manducazione umana alla realtà profonda della Sua Presenza in mezzo agli uomini.
L’evangelista utilizza la parola carne (sarx) al posto di corpo. É il termine col quale accenna all’incarnazione del Verbo di Dio, della sua Parola: il Logos. E’ chiaro che carne e sangue nonindicano due componenti di Gesù ma tutto il suo corpo: «colui che mangia di me vivrà per me». Da ciò risulta il parallelo carne-corpo dell’espressione: «e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Qui troviamo il riscontro con i vangeli sinottici: (corpo dato per voi…sangue versato per voi).
Gesù si presenta, quindi, come il datore della vita: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno…Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me». Anche se l’idea della morte è presente, in Giovanni l’Eucaristia assume un carattere più festoso, proiettando già da ora i discepoli di Gesù nella prospettiva della risurrezione.
Nel discorso eucaristico emerge il parallelo Eucaristia-Vita. «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui». Questa mutua immanenza del discepolo con Cristo e viceversa, indica un’intimità, un’alleanza nuova che assume il senso di alleanza definitiva tra Dio e l’uomo. Un’alleanza che non indica un semplice patto di amicizia, ma significa molto di più: una comunione di vita che nasce dal riconoscimento, e quindi, dall’accoglienza dell’infinita Bellezza di quel Dio che si è rivelato nell’amore verso l’uomo, e che esige, nel contempo amore dall’uomo.

Io credo, però, che se volessimo fermarci solo all’aspetto redentivo della morte di Cristo, tra l’altro marcatamente presente nell’espressione “il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo», porremmo degli steccati al contenuto profondo delle Parole di Vita racchiuso nel breve testo evangelico. In realtà, come Gesù stesso promette, indicando il verbo futuro darò, quella carne che sarà immolata sulla croce, non sarà solo un’oblazione pura e santa in espiazione di tutti i peccati e le debolezze umane, con la forza di redenzione e di amore espressa nel suo sublime gesto di donazione, ma in forza della Potenza del Risorto, avrà in sé la capacità di rendere il credente partecipe dei frutti salvifici della Redenzione, rendendolo, nel suo essere, partecipe della Vita del Risorto. Un’immanenza reciproca che renderà possibile la rivelazione e la comunione con la persona di Cristo. É Lui la Vita.

Un Segno che Gesù ci ha lasciato prima della sua Passione e morte sulla croce. Il Segno che quel Giovedì Santo aveva anticipato il segreto della sua risurrezione. E da quel giorno il “Segno” è ancora lì, visibile in tutte le Chiese del mondo, sia che si tratti delle meravigliose cattedrali innalzate dalla Civiltà cristiana europea, sia delle grandi e moderne chiese d’America, d’Australia, dell’Africa e dell’Asia, sia delle miriadi di chiese, chiesine, cappelle che la povertà umana ha innalzato, pur nelle condizioni più povere, all’Emmanuele: il Dio con noi. Ma è lo stesso Gesù, Dio vivo e vero, che abita nelle solenni cattedrali romaniche, bizantine e gotiche d’Europa, le moderne Chiese in cemento del continente americano, e le povere chiesette impastate di paglia e fango dei popoli poveri del terzo mondo. E’ lo stesso Gesù che si presenta a tutti gli uomini, ma particolarmente ai deboli, ai poveri, agli umili, per donare loro la sua stessa vita offerta al Padre, per il Bene delle moltitudini.
L’Eucaristia è il centro della vita cristiana. Non si può parlare di Cristo, Figlio di Dio rivelato, senza considerare questa sublime Presenza. Non si può amare Cristo, senza amare questo Pane che è il Suo Corpo, non si può essere cristiani, senza mangiare queste “Carni Immacolate”.

Sono qui vicino a te con il capo chino e lo spirito abbandonato al tuo Amore. Sono come il bambino che tra le braccia della mamma si lascia cullare dolcemente dalle sue melodie, riposandosi sul suo petto sicuro.
Lo so che tu sei qui, racchiuso in un pezzo di pane. Lo so che tu mi guardi, mi ascolti, mi penetri con il tuo Spirito, mi Ami. Com’è paradossale questo tuo Amore! Quanta delicatezza sconfinata dimora in te! Sei lì ad attendermi, sempre: mattino, giorno, pomeriggio, sera. Anche le ore della notte sei disposto ad ascoltare ed abbeverare d’amore l’anima che da te accorre come la “Cerva che anela a corsi d’acqua”.
Sei qui Signore, ed io ti guardo con gli occhi della fede e ti vedo presente allo stesso modo in cui tu percorrevi le vie della Palestina. Sei lo stesso Gesù che apriva il suo cuore ai peccatori. Sei lo stesso Gesù che annunciava la Buona Novella della venuta di Dio per condividere in tutto, fuorché nel peccato, la nostra stessa vita, ed introdurci nella Casa del Padre tuo. Sei il medesimo Gesù che ha guarito i malati, risanato i lebbrosi, donato la vista ai ciechi, la parola ai muti, il perdono ai peccatori, l’Amore alle anime solitarie, la tenerezza ai tuoi discepoli, la promessa del Regno al popolo di Israele.

Sono qui, Signore, alla tua Presenza. Sono qui per benedirti, per lodarti, per cantarti il mio Amore, il mio sentimento, la mia lode, tutto il mio bene. Ma sono qui anche per affidarti tutto me stesso. Sono qui alla tua Presenza, come fossi in terra di Palestina. Sono qui a chiederti, come ti chiederei a Gerico: “Signore, che io veda!”. Sono qui ad implorarti, come ti implorerei a Cafarnao: “Signore, che io cammini!”. Sono qui a pregarti, come ti pregherei vicino al Giordano: “Signore, permettimi di seguirti”. Sono qui ad invocarti, come ti invocherei nella casa di Simone il fariseo, piangendo i miei tanti peccati ai tuoi piedi: “Signore, perdonami”. Sono qui, Signore, alla tua presenza, a chiamarti come ti avrei chiamato a Cana: “Signore, partecipa alla mia gioia”. Sono qui alla tua presenza per domandarti, come ti avrei domandato nella sinagoga di Cafarnao: “Signore, dammi, dammi da mangiare il tuo pane; dammi da bere il tuo sangue, perché io possa divenire tuo consanguineo nell’Amore”. Sono qui, Signore, a desiderare, con lo stesso sentimento che nutrirei nel Tuo Paese: “Signore, mondami dalla lebbra del peccato!”. Sono qui, Signore, ai tuoi piedi a domandarti, come avrei fatto personalmente: “Signore, aumenta la mia fede”. Sono qui, Signore, perché Tu lo vuoi. Io so che tu non ti stancheresti mai della mia presenza. Tu mi terresti sempre con Te, avvolto nell’abbraccio tenerissimo del Tuo Amore, docilmente, ai tuoi piedi, come Maria di Betania.
Sono qui, Signore, a respirare la tua Presenza. Una Presenza di Vita, di pace, di Amore, di perdono. Una Presenza Divina, la tua: Si, Signore, sono qui. Tacciano le mie labbra e parli il mio cuore! Anzi no! Sii tu a parlare al mio cuore, ai miei sentimenti, alla mia anima”.
La Festa del Corpus Domini che celebriamo questa domenica ci deve veramente spingere ad onorare Gesù presente nella santissima Eucaristia. Una presenza tante volte ignorata, trascurata, se non disprezzata nei tabernacoli.
Egli è lì per noi, per il nostro bene, per la nostra salvezza. Gesù è presente come uno sposo dell’anima nostra, come un Padre, un fratello, un amico sincero. Come il Datore della Vita. Ed è davanti a lui, davanti al tabernacolo che noi possiamo aprire il nostro cuore ed abbandonarci all’olio profumato del suo amore.