II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO |
Se facciamo attenzione al “ritornello” con il quale l’autore del vangelo cadenza i vari episodi di questa prima parte del vangelo, ci rendiamo conto che il miracolo di Cana è inquadrato, volutamente, in un “settimo giorno” a partire dalla prima testimonianza del Battista su Gesù al Giordano, alludendo, quindi, al compimento della creazione ed alla celebrazione della Pasqua. In tal modo, l’evangelista intende condurre la nostra riflessione sul significato cosmico e pasquale di questo grande Segno donato da Gesù a Cana di Galilea. Questo ci conduce a riflettere sul termine “Ora”, che Gesù utilizza in risposta a sua madre. Questa parola sarà spesso ripetuta nei momenti più rilevanti della vita del Maestro, ed indica nitidamente il l’“Ora” decisiva, il tempo pasquale, il momento culminante della sua missione.

Maria, la Madre di Gesù è presente. Anche Gesù è invitato con i suoi amici.
Il matrimonio ebraico che si svolge di solito nell'abitazione dello sposo, è l'occasione di un grande banchetto che normalmente dura qualche giorno, ma può arrivare anche a due settimane.
Improvvisamente, viene a mancare il vino. È una situazione drammatica, questa. Manca il vino! Il banchetto non può più andare avanti. E’ una festa che rischia di finire male. E allora Maria, la madre di Gesù, che si è accorta, oppure è stata messa al corrente della situazione drammatica, si fa avanti verso il figlio e con la sua sensibilità tutta femminile, gli dice: “Non hanno più vino”.
La risposta di Gesù è tale di stroncare qualsiasi speranza: “Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”.
Gesù obbedisce alla Madre e, senza fare una piega, ordina ai servitori di riempire d'acqua le sei giare di pietra, contenenti, ognuna, dagli ottanta ai 120 litri. Le giare vengono riempite fino all'orlo. E Gesù dice loro di nuovo: “Ora attingete e portatene al maestro di tavola”. Ed essi gliene portano. L'acqua è diventata vino e, per di più, di ottima qualità.
Questo è il primo miracolo compiuto da Gesù nella Missione. Ma sono sicuro che a voi è rimasta impressa l’apparente divergenza di Gesù con sua madre. Secondo qualche studioso essa sarebbe frutto di un’errata traduzione dell’aramaico. Le parole di Gesù: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora», esprimerebbero un’errata traduzione del testo aramaico in quello greco. Le parole dette da Gesù sarebbero di ben diverso contenuto: «Non per me, bensì per te, donna, è giunta opportuna la mia ora”( José Miguel García, La vita di Gesù nel testo aramaico dei Vangeli, I libri dello Spirito cristiano, Biblioteca universale Rizzoli, 2005, 150).

Ma com’è possibile che l’uomo, che è di dura cervice possa incarnare e vivere nel proprio cuore la mirabile Legge donata da Cristo Gesù?

A Cana l’acqua è cambiata in vino; nella Cena di addio e di comunione con i suoi discepoli, il vino è cambiato nel sangue di Cristo. È questo Vino, ed è questo Corpo ad operare un nuovo miracolo di Cana in ogni uomo, mutando l’acqua della sua identità umana nel vino che esprime l’alleanza e la comunione con Dio stesso, per mezzo del Suo Figlio Diletto. Una vera, autentica, trasformazione ontologica, profonda, nell'uomo di tutti i tempi, specialmente in tutti coloro che accolgono la Sua Parola ed il Suo Pane, lasciandosi dilatare e fermentare dal Suo Spirito Consolatore, fino alla completa realizzazione del Suo Regno.

Il “Vino nuovo” di Gesù ci inebria, ci rallegra, ci dà la gioia della scoperta di questo grande amore sponsale nel quale Lui assume l’identità dello Sposo, mentre ognuno di noi vive l’amore della Sposa così bene espresso nel Cantico dei Cantici: “Il mio diletto è per me un grappolo di cipro nelle vigne di Engàddi”(Ct 1,14); “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro”(Ct 2,13-14); “Il mio diletto è per me e io per lui”(Ct 2,16).
Qual è la risposta che l’anima deve dare a questo Dio umanato che, nel Segno del miracolo di Cana, assume Lui stesso l’immagine dello Sposo? È quella di ogni cristiano che accoglie la Vita di Dio in sé. Accoglierla non passivamente, ma riamando con tutto il cuore, con tutta la volontà, con tutta la propria mente questo Dio Buono e amorevolissimo che si rivela in Cristo Gesù.