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Il Vangelo di Domenica 17 dicembre. A cura di Donato Calabrese

15/12/2017

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III DOMENICA DI AVVENTO
(Giovanni 1,6-8.19-28)

Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce”.
“E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Chi sei tu?». Egli confessò e non negò, e confessò: «Io non sono il Cristo». 
Allora gli chiesero: «Che cosa dunque? Sei Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il profeta?». Rispose: «No». 
Gli dissero dunque: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 
Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia». 
Essi erano stati mandati da parte dei farisei. Lo interrogarono e gli dissero:  «Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?».  
Giovanni rispose loro: «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
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In questa terza Domenica di Avvento, la liturgia offre alla nostra riflessione biblica due testi ripresi dal vangelo di Giovanni. Il primo appartiene al solenne prologo che racchiude un inno al Cristo, Logos, cioè Parola del Padre. Un inno liturgico che celebra la Storia della Salvezza (Michele Mazzeo, Vangelo e Lettere di Giovanni, introduzione, esegesi e teologia, Paoline Editoriale Libri, Figlie di San Paolo, 2007,139).
Il secondo brano, invece, presenta un dialogo tra Giovanni Battista ed alcuni sacerdoti e leviti inviati dai farisei.
Partiamo dei tre versetti che fanno parte del solenne prologo di Giovanni che, come dice il biblista Michele Mazzeo, “è un inno poetico a Gesù Cristo, Verbo rivelatore, del Padre, e rappresenta una delle pagine più maestose e più dense del Nuovo Testamento (Cfr. Michele Mazzeo, Vangelo e Lettere di Giovanni, introduzione, esegesi e teologia, Paoline Editoriale Libri, Figlie di San Paolo, 2007,139).
“Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce”.
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In queste poche parole, così come in tutta la tradizione evangelica, appare evidente che il ministero pubblico di Gesù parte da Giovanni Battista: un uomo mandato da Dio. Quest’asserzione dello scrittore sacro ci riporta alla missione profetica di Giovanni, in quanto nella storia biblica i profeti sono considerati come “inviati di Dio”, e quindi, mandati dall’Eterno per invitare Israele a percorrere la retta via della fedeltà, ma anche per annunciare il Messia atteso: il Salvatore. Quindi, la missione profetica del Battista va vista come un annuncio di speranza per il popolo di Israele. La sua è una voce così autorevole in Israele che molti si chiedono se non sia lui il Messia che deve venire.
Di fronte a questo interrogativo, la prima risposta proviene proprio dall’autore del quarto vangelo, quando precisa che il Battista: “…venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce”. Il che significa che Giovanni Battista è venuto per testimoniare che la luce, quella vera, è finalmente giunta.
“Giovanni non è la luce, eppure è inviato da Dio. Da qui deriva che la qualifica che gli spetta è quella del testimone” (Klaus Wengst, Il Vangelo di Giovanni, Ed. Queriniana, 2005, 53s.) della luce.
Le autorità religiose giudaiche hanno inviato alcuni sacerdoti e leviti a Giovanni Battista, per chiedergli con quale autorità ha avviato il suo movimento religioso. Ecco perché gli domandano quasi seccamente: “Chi sei tu?”.
Giovanni risponde dicendo di non essere il Cristo. Alla loro domanda, “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?”, ribatte: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia”.

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Come afferma lo studioso Johannes Beutler “Nel testo originale ebraico, l’espressione «nel deserto» si riferisce alla zona nella quale deve essere preparata una strada per il Signore. Nella versione greca dei Settanta e nei vangeli (Cfr. Mc 1,2 par.; Mt 3,3; Lc 3,4) invece, questa espressione è connessa con colui che grida: così diventa applicabile a Giovanni Battista. Per Giovanni, Isaia ha previsto e annunciato l’opera del Battista come opera di colui che prepara la via del Signore, identificato, dal quarto evangelista come dai sinottici, con Gesù” (Johannes Beutler, L’ebraismo e gli ebrei nel Vangelo di Giovanni, Subsidia Biblica 29, Editrice Pontificio Istituto Biblico, 2006, 49).
Giovanni Battista è colui che umilmente allontana l’attenzione dei suoi interlocutori dalla sua persona, per convogliarla verso il Cristo che sta per manifestarsi al mondo.   A dimostrazione della sua semplicità ed umiltà, a coloro che sono stati mandati da parte dei farisei e gli hanno chiesto perché battezza se non è il Cristo, né Elia, né il profeta, Giovanni Battista risponde: «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo». 
Quello di sciogliere i legacci del sandalo è un servizio che di solito svolge un “servo”, perché coinvolge tutta la persona, costretta ad inchinarsi fino a terra, abbassarsi e toccare  terra con le ginocchia. Quindi, nella sua umiltà, Giovanni Battista si è dichiarato addirittura meno importante di un servo nei confronti di Colui che deve venire.
Chi è Quello che deve venire? È uno che non conoscono, ma che è già in mezzo al suo popolo: Israele. E sarà lo stesso Giovanni Battista, il giorno dopo, a rivelare la Sua Missione, tacendo addirittura il suo nome. Questo già dimostra che essendo testimone della luce, Giovanni Battista indica al Popolo lo scopo della venuta di Colui che tutti attendono, in Israele.
“Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!”, dirà Giovanni, vedendo Gesù venire verso di Lui.   
Noi lo abbiamo incontrato. Lo abbiamo conosciuto, e  abbiamo fatto esperienza viva di Gesù, il Cristo di Dio, il Figlio di Dio fatto uomo, e di cui tra qualche settimana ricorderemo ancora una volta il Suo Natale. Ma una domanda dobbiamo porcela. Conosciamo Gesù? E se lo conosciamo, lo amiamo?
Lascio a voi la risposta, permettendovi di orientare il vostro sguardo sulla scena silenziosa e nascosta, discreta ed umile della piccola greppia di Betlemme, dove potremo rinascere a nuova vita nella conoscenza amorevole del Figlio di Dio incarnato per noi, per la nostra salvezza.

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