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Il Vangelo di Domenica 14 maggio. A cura di Donato Calabrese

13/5/2017

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V Domenica di Pasqua
(Giovanni 14,1-12)

«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.  Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».  Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre».
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Il vangelo di questa domenica fa parte dei cosiddetti discorsi d'addio, che il redattore sacro ha inserito tra la Cena e la Passione del Signore. Siamo, quindi, nelle ore immediatamente precedenti l’arresto di Gesù.
Con l’accenno alla sua dipartita ed al tradimento, Gesù ha provocato un senso di mestizia nel cuore dei discepoli. Ma è lui stesso a rassicurarli, invitandoli a non cadere in preda alla paura ed allo sconforto, perché non saranno mai soli, in quanto Egli non li abbandonerà.
“Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”. Questo doppio imperativo che sembra quasi distinguere la fede in Dio da quella in Gesù, va inteso nel senso dell’affermazione fatta da Lui stesso e presente in questo vangelo di Giovanni: “Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato”. Quindi, chi crede in Gesù, chi confida in Lui, confida nel Dio d’Israele in Lui presente (Klaus Wengst, Il Vangelo di Giovanni, Ed. Queriniana, 2005, 553). Poi, a conferma della Sua Singolare ed unica filiazione col Padre, Gesù aggiunge: “Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io”. Queste parole manifestano il desiderio profondo di essere uno con i suoi amici. Essere in comunione con loro. Essere nella stessa Casa del Padre, insieme con loro.
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Ma qual è la Casa del Padre? Tutti possiamo rispondere con i termini conosciuti del Paradiso, della Patria Celeste, della Gerusalemme del cielo. La Casa del Padre li comprende tutti, ma non esaurisce il senso di queste parole. La Casa è per noi il luogo dove possiamo stare tranquilli, in pace, sicuri di stare bene. È il luogo del nostro riposo e della nostra gioia.
Ma la Casa del Padre è molto di più.  È la dimensione nella quale il Padre Celeste accoglie amorevolmente l’uomo che ha incontrato il Cristo, Suo Figlio prediletto, e in Lui, ha visto e creduto all’amore del Padre.
Solo l’amore, ovvero l’agape, cioè il sentimento puro e casto che ci pone in relazione positiva verso gli altri, ci può schiudere la comprensione della realtà divina. Altrimenti non potremmo mai intenderla, sebbene lo stesso Gesù ce l’abbia rivelata nel modo più mirabile e sublime.
Tommaso dice a Gesù: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”. Benché sia con Gesù da tanto tempo, egli dimostra di non conoscere ancora la via per la “Casa del Padre”. E allora, Gesù gli viene incontro, dicendogli: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.  Queste parole vogliono dire che per incontrare Dio e vivere in comunione con Lui, occorre riconoscerlo nello spazio sacro dove la Sua Presenza risiede in pienezza, ovvero nella Persona di Gesù stesso (Cfr. Klaus Wengst, Il Vangelo di Giovanni, Ed. Queriniana, 2005, 180). Lo Spirito non ci lega ad alcuna dimensione geografica, ma all’immensità dello Spirito di Dio che riempie l’universo ed abita in Cristo Gesù. Gesù è la Via che conduce al Padre, ma, ancora  più profondamente, è il luogo, l’unico luogo, in cui il Padre si mostra a noi: «Chi ha visto me ha visto il Padre»(Gv 14,9)” (Cfr. Bruno Maggioni, Un tesoro in vasi di coccio, Rivelazione di Dio e umanità della Chiesa, Vita e Pensiero, 2005,189).

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La verità, infine, è riconoscere, attraverso i Segni e la Parola di Gesù, la Presenza di Dio stesso.
Gesù, quindi, si rivela come l’unico mediatore, l’unica Via che conduce al Padre, perché Egli è la rivelazione definitiva di Dio. Egli è la Verità. Egli è l’autore della Vita.
Tutto il Vangelo di Giovanni si sviluppa, fin dal Prologo, come un’esaltazione del Verbo di Dio incarnato in Gesù di Nazareth. Ma in queste e nelle parole successive, proprio perché dette nelle ultime ore di libertà del Maestro e che quindi costituiscono una specie di testamento spirituale, troviamo delle affermazioni di straordinaria solennità e grandezza teologica in riguardo all’elevatezza di Gesù.
A Filippo che gli chiede: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”, Gesù risponde: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre”. Tra Gesù ed il Padre c’è una comunione infinitamente più grande di quella che può esserci tra figlio e padre, o madre, naturale. C’è una correlazione biologica, affettiva, spirituale potremmo dire, che unisce il figlio con il proprio papà o la propria mamma. Ma tra Gesù ed il Padre Celeste c’è infinitamente di più: c’è l’amore  in essenza, l’amore in atto, l’amore infinito che li pone in comunione. Per comprendere tale amore, possiamo solo immaginare agli affetti più belli ed elevati: quello filiale, quello materno, paterno, fraterno, sponsale, di amicizia. L’amore che unisce Gesù ed il Padre, nello Spirito, supera all’infinito tutti questi sentimenti, perché essi non sono che un’irradiazione, seppure abbastanza fedele, dell’unico immenso amore che circola nella Trinità e dalla Trinità verso l’uomo.
Per dirla con Franco Manenti, “La profonda unità di Gesù con il Padre implica anche l’unità d’azione: le parole con cui Gesù rivela il Padre provengono dal Padre, le opere che compie le fa il Padre in lui. Le parole e le opere di Gesù hanno quindi come scopo la rivelazione del Padre, per suscitare la fede e rendere gli uomini partecipi della vita divina, che egli condivide con il Padre. Gesù, per ribadire la comunione tra lui e il Padre, trasforma la domanda di Filippo in un invito ai discepoli a credere a Lui («Credetemi»), alle sue opere, cioè a vedere attraverso esse ciò che rivelano, l’agire insieme del Padre e del Figlio” (Franco Manenti,  Davvero il Signore è risorto, Lectio divina sui Vangeli feriali del Tempo pasquale, Paoline Editoriale Libri, 2003,120).

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Nessun altro essere umano ha osato dire ciò che ha detto Gesù. Le sue parole solenni ed inequivocabili lo testimoniano. Parole mai presenti anche negli altri Vangeli e che appaiono come il risultato di una lunga riflessione teologica da parte di quell’evangelista che ha avuto il privilegio di posare il capo sul petto di Gesù, nelle ore precedenti l'arresto, la passione, e la morte.
Parole di un’audacia inaudita che non sono presenti negli altri Vangeli, ormai già completati e diffusi quando Giovanni, o chi per lui, ha messo per iscritto il quarto Vangelo. Mettendo per iscritto questi testi e per dimostrare l’autenticità delle Parole di Gesù e quindi la credibilità di quanto Egli ha detto e fatto, si appoggia chiaramente alle sue parole ed ai miracoli, che nel Quarto Vangelo sono chiamati Segni. Segni che attestano la sua Divinità.
È chiaro che per riconoscere la Presenza stessa di Dio in quello che sembra un semplice uomo, pur straordinario e dotato di grandi poteri, non bastano gli occhi, occorre il cuore, la fede. Quella fede che sarà messa a dura prova proprio nei giorni della Passione.  È la croce la gloria del Padre. E per Cristo stesso è meglio entrare nella gloria del Padre attraverso la croce, come vincitore glorioso. E l’ora della croce è quella in cui il Figlio viene innalzato e trae tutto a sé.  La gloria della Chiesa è quella della sua umiliazione, la ricchezza a cui siamo chiamati è quella della povertà di Cristo.

L’amore di Cristo verso il Padre e, con il Padre, verso il mondo è la breccia attraverso cui l'Amore fedele  creativo del Padre  penetra nel mondo,  viene perfettamente accolto nel mondo e continua ad essere sorgente di amore nel mondo.

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