Ricorre dunque il 9 maggio il quarantesimo anniversario della morte drammatica di Aldo Moro per la mano violenta delle Brigate Rosse e per la paura del Governo italiano e della Democrazia cristiana che dopo 55 giorni di straziante prigionia anteposero la discutibile ragion di Stato al primato della dignità della persona umana. A nulla valsero le lacrime e le suppliche del grande amico dello statista il Papa Paolo VI. Era il 9 maggio 1978 e padre Pio era morto già da dieci anni. A distanza di 13 giorni, il 22 maggio 1978, la rappresentanza politica parlamentare che aveva abbandonato per pusillanimità Aldo Moro come vittima innocente nelle mani dei brigatisti, decretò con la legge 194 la strage dei nascituri attraverso l’abominevole delitto dell’aborto che ora conta un miliardo di vittime innocenti. Il disegno della Provvidenza e l’opera di Satana si sono scontrati in un drammatico duello e il sangue degli innocenti grida ancora vendetta al cospetto di Dio.
Padre Pio e Aldo Moro insieme ai tanti bambini abortiti sono vittime sacrificali dell’egoismo dell’uomo che, senza avere Dio nel cuore, diventa lupo per l’altro uomo.
L'ex presidente della Democrazia Cristiana, assassinato dalle Brigate Rosse nel 1978, nasce il 23 settembre 1916 a Maglie, in provincia di Lecce. Dopo aver conseguito la maturità classica al Liceo "Archita" di Taranto si iscrive a Giurisprudenza presso l'Università di Bari, conseguendo la laurea con una tesi su "La capacità giuridica penale". Negli anni universitari è eletto Presidente nazionale della FUCI della quale è Assistente nazionale don Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI. Dopo qualche anno di carriera accademica, fonda con alcuni amici intellettuali nel 1943, a Bari, il periodico "La Rassegna" che uscirà fino al 1945, anno nel quale sposa Eleonora Chiavarelli, con la quale avrà quattro figli. In quello stesso periodo, diventa Presidente del Movimento Laureati dell'Azione Cattolica, ed è direttore della rivista "Studium" di cui sarà assiduo collaboratore, impegnandosi a sensibilizzare i giovani laureati all'impegno politico. Nel 1946 viene eletto all'Assemblea Costituente ed entra a far parte della Commissione dei "75" incaricata di redigere il testo costituzionale. E' anche vicepresidente del gruppo DC all'Assemblea. Nelle elezioni del 18 aprile 1948 viene eletto deputato al Parlamento nella circoscrizione Bari-Foggia. Diventato Professore ordinario di Diritto Penale all'Università di Bari, nel 1953 viene rieletto al Parlamento diventando Presidente del gruppo parlamentare DC alla Camera dei Deputati e diventa nel 1955 ministro di Grazia e Giustizia nel primo governo Segni. Nel 1957 diventa ministro della Pubblica Istruzione nel governo Zoli. Si deve a lui l'introduzione dell'educazione civica nelle scuole. Rieletto alla Camera dei Deputati nel 1958, è ancora ministro della Pubblica Istruzione nel secondo Governo Fanfani. Il 1959 è un anno importantissimo per Aldo Moro. Si svolge infatti quel VII Congresso della Democrazia Cristiana che lo vedrà trionfatore, tanto che gli viene affidata la Segreteria del Partito, incarico riconfermatogli nel tempo e che manterrà fino al gennaio del 1964. Ma un altro anno assai importante, anche alla luce della tragica vicenda che colpirà il politico doroteo, è il 1963 quando, rieletto alla Camera, è chiamato a costituire il primo Governo organico di centro-sinistra, rimanendo continuamente in carica come Presidente del Consiglio fino al giugno del 1968, alla guida di tre successivi ministeri di coalizione con il Partito Socialista. Ritorna in seguito alla Presidenza del Consiglio formando il suo IV governo che dura sino al gennaio 1976. Nel luglio del 1976 viene eletto Presidente del Consiglio nazionale della DC. Il 16 marzo 1978, il tragico epilogo della vita dello sfortunato politico. Un commando di Brigate Rosse irrompe nella romana via Fani, dove in quel momento transitava Moro per recarsi in Parlamento e partecipare al dibattito sulla fiducia del quarto governo Andreotti, massacra i cinque uomini di scorta e rapisce lo statista. Poco dopo, le Brigate rosse rivendicano l'azione con una telefonata all'Ansa. Tutto il Paese percepisce chiaramente che quell'attentato è un attacco al cuore dello Stato e alle istituzioni democratiche che Moro rappresentava. Il 18 marzo una telefonata al ''Messaggero'' fa trovare il ''Comunicato n.1'' delle BR, che contiene la foto di Aldo Moro e annuncia l'inizio del suo ''processo'' mentre, solo il giorno dopo, Papa Paolo VI lancia il suo primo appello per Moro. Altri messaggi del Pontefice seguiranno il 2 e il 22 aprile. I servizi segreti di tutto il mondo, anche se le segnalazioni furono tante e precise, non riuscirono a trovare la prigione dei terroristi, ribattezzata "prigione del popolo", e da cui Moro invocava incessantemente, tramite numerose lettere, una trattativa. Il 9 maggio, dopo cinquantacinque giorni di prigionia ed estenuanti contrattazioni con gli esponenti dello Stato di allora, anche lo statista viene barbaramente assassinato dalle BR, ormai convinte che quella sia l'unica strada coerente da intraprendere. La sua prigionia aveva provocato ampi dibattiti fra coloro che erano disposti a cedere alle richieste dei brigatisti e chi invece era nettamente contrario per non legittimarli, dibattito che lacerò letteralmente il paese sul piano sia politico che morale. A tale rovente clima dialettico pose fine la drammatica telefonata degli aguzzini di Moro, i quali resero noto direttamente ad un alto esponente politico che il corpo di Moro poteva essere rinvenuto cadavere nel bagagliaio di un'auto in via Caetani, emblematicamente a metà strada tra Piazza del Gesù, sede della Democrazia Cristiana, e via delle Botteghe Oscure, sede storica del Partito Comunista Italiano. Secondo le ricostruzioni, ancora frammentarie malgrado i molti anni trascorsi, lo statista sarebbe stato ucciso dal brigatista Moretti nel garage di via Montalcini, il covo usato dai brigatisti appunto come ''prigione del popolo''.
